MERIDIO Svalbard
2021
acrilico su tela
18x24cm
Pescatore lampedusano col tramonto negli occhi.
Meridio Svalbard amava i tramonti, li amava sia per la loro dimensione poetica e spirituale, sia per ragioni pratiche: i suoi occhi avevano la capacità di fissare la luce per lunghi periodi senza subirne gli effetti negativi, ma anzi, ne immagazzinavano l’energia per poi rilasciarla nelle ore successive.
Era in un certo senso possibile vedere il tramonto negli occhi di Meridio, le cui pupille, la notte, funzionavano come fari d’avvistamento, come fanali nella notte, il che permetteva al pescatore di girare tranquillamente nel buio senza ausilio di torce o altre illuminazioni artificiali. Gli bastava tenere gli occhi aperti e sfruttare la luce finché ce n’era. Dopo qualche ora, in un tempo variabile a seconda dell’intensità e della durata del tramonto visto quella sera, la luce scemava poco a poco fino a scomparire. Per questo Meridio andava a pescare esclusivamente di notte, a nuoto, solo con una fiocina e un vecchio coltello che si tramandava in famiglia da almeno un secolo: anche nuotando poteva illuminare la propria via, riuscendo a scovare i pesci e i molluschi che solo di notte uscivano allo scoperto, ignari di potersi trovare di fronte a un tale avversario. Si narra che grande amico di Meridio, apneista estremo, fu il grande calamaro gigante che abita le acque profonde del Mare di Sicilia, con cui Meridio comunicava a intermittenze luminose, perfettamente a suo agio con una creatura in grado di vivere là dove la luce non arriva mai.
Si narra che Meridio avrebbe dovuto chiamarsi Gennaro, ma i suoi genitori, quando venne alla luce, letteralmente, in un pomeriggio d’estate, rimasero stupiti da come i suoi occhi brillassero al pari della luce pomeridiana, del meriggio, da cui venne proprio il nome “Meridio”.
I genitori di Meridio, infatti, erano pescatori latinisti.
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